L'idea di una nuova rivoluzione industriale nasce dall'analisi attenta dei meccanismi in atto propri dell'attività produttiva del genere umano da parte di McDonough e Braungart.
Il nostro è un modello di produzione lineare, dalla “culla alla tomba”: i prodotti industriali vengono pensati e immessi nel mercato per essere usati e finire in discarica.
A differenza dei cicli naturali, il modello tecnologico non è circolare, ma lineare.
Cosa succederebbe se la produzione industriale cominciasse a pensare a dei componenti che una volta usati rientrino nei cicli naturali sotto forma di nutrienti? Se si applicasse un modello ciclico “dalla culla alla culla”? Questo è quello che propongono i due esperti: “conciliare tutela dell'ambiente, equità sociale e sviluppo” con l'obiettivo prioritario di prendersi cura dei “cuccioli di tutte le specie”.
Una delle premesse per cui ciò possa accadere è che gli esseri umani tornino ad “essere indigeni”, nel senso che si riapproprino della consapevolezza che vivranno su questa terra per sempre invece di agire come se una volta consumate le risorse dei suoli e dei mari fosse possibile abitare in un altro luogo.
Nell'ottica di vivere meglio su questa terra sarebbe bello pensare a “case come gli alberi” e “città come foreste”. L'albero è in natura l'unico essere vivente che cresce verso il cielo, senza fermarsi, nutrendosi attraverso le sue foglie della più grande risorsa energetica inesauribile, il sole. Tra le sue fronde trovano riparo altri esseri viventi, i suoi fiori attirano insetti, i frutti altri animali, i fiori e i frutti che cadono a terra giungendo alla fine della loro vita, sfamano altri esseri viventi che li decompongono generando l'humus vitale.
Se parte di quello che produciamo fosse pensato per essere gettato con serenità a terra, decomporsi e rientrare nei cicli naturali, non ci si preoccuperebbe di smaltire i rifiuti, anzi, il concetto di rifiuto non esisterebbe!
Immaginiamo ad esempio che i prodotti tecnologici che contengono materiali preziosi, metalli e altri sottoprodotti che richiedono lavoro e dispendio di energia vengano differenziati reimmessi nel mercato come materia prima di ottima qualità invece di essere gettati, o sub-ciclati (riciclaggio) producendo prodotti di qualità scadente. In questo modo si creerebbero dei “cicli tecnici” che non interferirebbero con i “cicli biologici” senza creare “ibridi mostruosi” composti da materiali tecnici e organici che una volta usati, comunque, finirebbero in discarica.
Consumare meno, ridurre i consumi, risparmiare, è l'approccio ecologico della negazione e della privazione il cui effetto è soltanto quello di rallentare un meccanismo inevitabile: l'esaurimento di tutte le risorse.
Invece di nascondersi dietro il senso di colpa che l'era moderna e tecnologica ci ha trasmesso, bisognerebbe sfruttare la creatività tipica dell'uomo per reinventarsi e continuare a vivere nell'abbondanza.
L'albero produce più fiori di quanti si trasformano in frutto, produce più frutti di quelli che vengono mangiati, eppure non inquina, anzi i suoi scarti sono fonte di biodiversità!
Riusciremo a cogliere la sfida e ritornare a far parte della terra? Riusciremo ad inventarci un nuovo sistema produttivo che non alteri gli equilibri naturali, anzi li alimenti e li nutra, come fanno gli alberi?
Bibliografia:
YIONA FRIEDMAN, L'architettura di sopravvivenza, Bollati Boringhieri, Torino 2009
W. MCDONOUGH e M. BRAUNGART, Dalla culla alla culla, Blu edizioni, Torino 2003
LUIGI SERTORIO, Storia dell'abbondanza, Bollati Borighieri, Torino 2002
Film:
YANN ARTHUS-BERTRAND, Home, (http://www.youtube.com/user/homeproject) 2009
Nessun commento:
Posta un commento